Halloween: breve comparazione con la Festa dei Morti in Italia.
Siamo nella settimana di Halloween, una ricorrenza che da qualche anno, ormai, ha preso piede negli usi e costumi degli italiani, con rituali che coinvolgono la sfera comportamentale ed alimentare di adulti e bambini. Molti pensano che si tratti soltanto di una festa d’importazione “americana” (nonostante l’origine celtica) che non trova nessun riscontro nella nostra tradizione.
Ma è veramente così?
Quanto segue ci aiuterà a comprendere i nostri possibili legami con questa festa.
La parola Halloween rappresenta una variante scozzese, dal nome completo All Hallows’ Eve che tradotto significa “Notte di tutti gli spiriti sacri”, cioè la vigilia di Ognissanti (in inglese arcaico “All Hallows’ Day”, moderno All Saints’ Day).
La festa di Halloween è, come dicevamo, di antica origine celtica, ma è possibile ritrovarne ampie radici anche nella nostra tradizione. La leggenda narra che durante la notte di Ognissanti, i morti fuoriescono dalle tombe per vagare in cerca di un corpo da possedere tutto l’anno: da qui l’usanza di contrastare l’arrivo degli spiriti vaganti, travestendosi da fantasmi o mostri, nel tentativo di spaventarli e costringerli a fuggire. Col tempo a quest’usanza si sono aggiunte altre pratiche proprie delle tradizioni più antiche: “trick or treat (dolcetto o scherzetto)” e “jack o’ lantern”.
La prima è legata al girare di casa in casa dei primi cristiani i quali, chiedendo in elemosina un dolcetto di uva passa, promettevano preghiere per i defunti delle famiglie.
La seconda, di origine irlandese, si basa sulla storia di un noto malfattore che fece un patto col diavolo senza rispettarlo. Una volta morto e rifiutato sia dal paradiso che dall’inferno, per punizione il suo fantasma fu costretto a vagare nelle tenebre, illuminando la sua via con una lanterna speciale: un tizzone ardente posto all’interno di una rapa svuotata. Solo in seguito si preferì la zucca alla rapa per le lanterne della notte di Ognissanti.
Oggi Halloween, celebrata principalmente negli Stati Uniti, è diffusa in molti Paesi del mondo, e da qualche anno anche in Italia, dove non sembra affatto essere una gran novità. Una festa di maschere, dolcetti, fantasmi, streghe, zombie, lanterne di zucca e cimiteri. Tra chi acconsente e chi dissente, non tanto per un rifiuto di pratiche considerate occulte, quanto per una difesa delle tradizioni autoctone, val la pena ricordare che l’Italia stessa non è esente da specifiche usanze legate al culto delle anime dei morti. Usanze che si trasformano in veri e propri rituali celebrativi a partire dal giorno di Ognissanti fino alla Commemorazione dei defunti, abbracciando un arco di tempo di ben 36 ore, con l’esclusione della notte del 31.
Infatti, il mattino seguente alla notte di Halloween, in molte zone d’Italia hanno inizio i preparativi per la nostra Festa dei Morti.
In Abruzzo si intagliano e decorano le zucche, e schiere di ragazzi, contadini, artigiani, vanno di casa in casa, cantando una canzone appropriata, a chiedere offerte per le anime dei morti.
In Calabria si organizzano cortei verso i cimiteri per recitare il santo rosario e benedire i defunti. Un tempo si banchettava persino sulle tombe, estendendo l’invito a tutti i visitatori.
In Emilia Romagna, un tempo, i poveri bussavano alle porte per ricevere la “carità di murt” in cambio di preghiere.
In Friuli i contadini lasciano un lume acceso e acqua e pane sulla tavola per i morti che, secondo la leggenda, vanno in pellegrinaggio nelle chiese e di sicuro faranno visita alle loro case, prima di scomparire al canto del gallo.
In Liguria abbondano in rituali in memoria dei defunti, differenziandosi di luogo in luogo, con pratiche dai risvolti fantasiosi e allo stesso tempo lugubri, approvate comunque dalla religione cattolica. Per delucidazioni e approfondimenti, suggeriamo questo link con ampi riferimenti dell’antropologo Paolo Giardelli, La tradizione del giorno dei Morti in Liguria.
In alcune zone della Lombardia si è soliti mettere sul davanzale una zucca piena di vino, imbandire una tavola con svariate pietanze e porre delle sedie davanti al focolare acceso, per accogliere i defunti durante la notte.
In Piemonte si suole aggiungere un posto in più a tavola, riservato ai defunti in visita. In alcune zone, dopo cena, le famiglie si recano al cimitero, lasciando le case vuote per non disturbare l’arrivo e il ristoro dei defunti. Rientreranno solo più tardi, quando il suono della campana annuncerà che i morti si sono finalmente ritirati in pace.
In Puglia si decorano le zucche chiamate “cocce priatorie” (teste del purgatorio) e la notte del “fuc a coste” (fuoco a fianco) si accendono tanti falò per illuminare la strada ai defunti che ritornano. Sulla brace dei falò verranno poi cotti vari tipi di carne da mangiare insieme ai passanti.
In Sardegna, dopo la visita al cimitero, si torna a casa a cenare e si lascia la tavola apparecchiata per i morti. I bambini vanno di casa in casa e al grido di “morti morti” riceveranno dolcetti, frutta secca e denaro.
In Sicilia i bambini la sera di Ognissanti vanno a letto presto e lasciano le proprie scarpe dietro l’uscio per ricevere i doni dei defunti che arriveranno durante la notte. Il giorno dopo le troveranno piene di dolcetti, frutta secca e denaro, con accanto vassoi di “pupi di zucchero” e frutta di “martorana” (tipo pasta di mandorle – marzapane).
Autore: Rosa Bavetta