dolcetto o scherzetto

Dolcetto o scherzetto?

Dolcetto o scherzetto: Festa dei Morti o Halloween in Italia?

Dolcetto o scherzetto: se Festa dei Morti oppure Halloween, in Italia è ormai un’annosa questione. Halloween è infatti una ricorrenza d’importazione che ha definitivamente preso piede negli usi e costumi degli italiani, con rituali che coinvolgono grandi e piccini. Nonostante ci sia ancora chi pensa si tratti soltanto di una festa  “americana” senza alcun riscontro nella nostra tradizione, è possibile azzardare un parallelismo con la nostra ricorrenza dedicata ai defunti, senza tema di smentita.

La festa di Halloween ha origine dall’antica festa di Samhain, una sorta di capodanno celtico che segnava la fine del periodo estivo e l’inizio di quello invernale. La parola Halloween rappresenta la variante scozzese del nome completo All Hallows’ Eve che tradotto significa Notte di tutti gli spiriti sacri, cioè la vigilia di Ognissanti, in inglese arcaico All Hallows’ Day, moderno All Saints’ Day.

Ecco il primo parallelismo con la nostra tradizione i cui preparativi hanno inizio il giorno di Ognissanti. La leggenda celtica narra che durante la notte della vigilia di Ognissanti, i morti fuoriescono dalle tombe per vagare in cerca di un corpo da possedere tutto l’anno: da qui l’usanza di contrastare l’arrivo degli spiriti vaganti, travestendosi da fantasmi o mostri, nel tentativo di spaventarli e costringerli a fuggire. La leggenda italiana, invece, vuole che i morti inizino il loro “ritorno” alle case dei vivi appena cala il buio, nella notte di Ognissanti e il 2 novembre, giorno della loro commemorazione. Col tempo queste leggende si sono arricchite di altre usanze tipiche delle tradizioni più antiche:  Jack o’ lantern e Trick or treat?, dolcetto o scherzetto?.

La prima, di origine irlandese, si basa sulla storia di un noto malfattore che fece un patto col diavolo senza rispettarlo. Una volta morto e rifiutato sia dal paradiso che dall’inferno, per punizione il suo fantasma fu costretto a vagare nelle tenebre, illuminando la sua via con una lanterna speciale: un tizzone ardente posto all’interno di una rapa svuotata. Solo in seguito si preferì la zucca alla rapa per la creazione delle lanterne della notte della vigilia di Ognissanti.

La seconda, di matrice religiosa cattolica, è legata all’andare di casa in casa dei primi cristiani i quali, chiedendo in elemosina un dolcetto di uva passa, promettevano preghiere per i defunti delle famiglie.

Oggi la festa di Halloween, diffusa in molti Paesi del mondo, trova dunque ampio riscontro in Italia, grazie ai numerosi rituali della Commemorazione dei defunti, ai quali abbiamo però aggiunto il nuovo tratto distintivo dei travestimenti e degli addobbi. Una festa di maschere, dolcetti, fantasmi, streghe, zombie, lanterne di zucca e cimiteri persino fittizi allestiti in parchi e giardini. Tra chi acconsente e chi dissente, non tanto per il rifiuto di malcelate pratiche occulte, ma per un’inutile difesa delle tradizioni autoctone, val la pena ricordare che l’Italia stessa, di suo, non è affatto estranea a specifici rituali legati al culto dei morti. Vere e proprie pratiche commemorative che durano due giorni intensi, dal 1° al 2 novembre, in tutto il nostro Paese.

In Abruzzo si intagliano e decorano le zucche, e schiere di ragazzi, contadini, artigiani, vanno di casa in casa, cantando una canzone appropriata, a chiedere offerte per le anime dei morti.

In Basilicata ancora oggi nei paesini di montagna, la leggenda narra di lunghe e lente  processioni di morti del purgatorio recantisi alla messa nella notte di Ognissanti, da qui l’usanza di mettere alle finestre bacinelle d’acqua e ceri per illuminare loro il cammino, ma anche quella di preparare una tavola imbandita per permettere loro di rifocillarsi dopo la lunga marcia. Si racconta anche di come il giorno dopo i bambini andassero di casa in casa cantando per fare la questua e del particolare dono che avevano alcune persone, quelle schiette (nubili), di vedere i morti in processione.

In Calabria si organizzano cortei verso i cimiteri per recitare il santo rosario e benedire i defunti. Un tempo si banchettava persino sulle tombe, estendendo l’invito a tutti i visitatori.

In Emilia Romagna, un tempo, i poveri bussavano alle porte per ricevere la “carità di murt” in cambio di preghiere.

In Friuli i contadini lasciano un lume acceso e acqua e pane sulla tavola per i morti che, secondo la leggenda, vanno in pellegrinaggio nelle chiese e di sicuro faranno visita alle loro case, prima di scomparire al canto del gallo.

In Liguria abbondano in rituali in memoria dei defunti, differenziandosi di luogo in luogo, con pratiche dai risvolti fantasiosi e allo stesso tempo lugubri, approvate comunque dalla religione cattolica. Per delucidazioni e approfondimenti, suggeriamo questo link con ampi riferimenti dell’antropologo Paolo Giardelli, La tradizione del giorno dei Morti in Liguria.

In alcune zone della Lombardia si è soliti mettere sul davanzale una zucca piena di vino, imbandire una tavola con svariate pietanze e porre delle sedie davanti al focolare acceso, per accogliere i defunti durante la notte.

In Piemonte si suole aggiungere un posto in più a tavola, riservato ai defunti in visita. In alcune zone, dopo cena, le famiglie si recano al cimitero, lasciando le case vuote per non disturbare l’arrivo e il ristoro dei defunti. Rientreranno solo più tardi, quando il suono della campana annuncerà che i morti si sono finalmente ritirati in pace.

In Puglia si decorano le zucche chiamate “cocce priatorie” (teste del purgatorio) e la notte del “fuc a coste” (fuoco a fianco) si accendono tanti falò per illuminare la strada ai defunti che ritornano. Sulla brace dei falò verranno poi cotti vari tipi di carne da mangiare insieme ai passanti.

In Sardegna, dopo la visita al cimitero, si torna a casa a cenare e si lascia la tavola apparecchiata per i morti. I bambini vanno di casa in casa e al grido di “morti morti” riceveranno dolcetti, frutta secca e denaro.

In Sicilia i bambini la sera di Ognissanti vanno a letto presto e lasciano le proprie scarpe dietro l’uscio per ricevere i doni dei defunti che arriveranno durante la notte. Il giorno dopo le troveranno piene di dolcetti, frutta secca e denaro, con accanto vassoi di “pupi di zucchero” e frutta di “martorana” (tipo pasta di mandorle – marzapane).

In Toscana e più precisamente nella provincia di Massa Carrara, veniva celebrata l’usanza del Ben d’i morti, dove le famiglie dei defunti donavano cibo ai più bisognosi come gesto di riconoscenza, ma anche di solidarietà, per chi era meno fortunato. Durante questa ricorrenza, veniva regalata e messa al collo dei più piccoli la “sfilza”, una caratteristica collana fatta di castagne bollite e mele.

In conclusione, qualunque sia l’origine di queste feste, nonostante le differenze culturali, persiste un affascinante parallelismo tra le due ricorrenze poiché entrambe si concentrano sulla connessione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mentre per quanto riguarda i rituali, ciò che appare evidente è la forte contrapposizione tra l’aspetto ludico di Halloween, forse anche per motivi commerciali, e quello mistico-religioso di matrice cattolica della Festa dei morti. Forse è questa la vera ragione per cui la festa del dolcetto o scherzetto ha preso il sopravvento tanto da diventare, nel pensiero comune dei giovani e di chi ama divertirsi ad ogni età, la festa più bella dell’anno, quasi più del Natale.

In quest’ottica la morte e il mondo degli spiriti non fanno più paura, e attraverso le zucche intagliate, le maschere e i loro fantasmi, si trasformano in un rituale giocoso che permette di esorcizzare le difficoltà e i timori reali connessi proprio alla vita stessa.

 Autore: Rosa Bavetta

La Dottoressa Rosa Bavetta, Specialista del metodo Weight Watchers fino al 2007, è esperta Weight Wellness, brand specializzato in Counseling nutrizionale con Programmi di rieducazione  alimentare e supporto motivazionale finalizzati alla corretta alimentazione e al dimagrimento, con sedi sul territorio nazionale. Opera in Lombardia a Milano e Monza.

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